IO SONO
All'alba della rivoluzione psico-esistenziale emerge l'io profondo ed infernale*. Io sono ero e sarò eternamente intatta ed incontaminata, il come tu vuoi sapere? Continuando ad essere terribilmente ed inesorabilmente Io al di sopra degli altri, grazie anche al loro rapporto: dialogo costruttivo-distruttivo, ma comunque movimento, fermento mentale continuo....... Allora il mio Io assurgerà all'eterna divinità! Io sono gli altri, gli altri sono me, mi sono trovata ponendomi e perdendomi di fronte a loro come davanti a me stessa: specchi simmetrici d'anime. (Aprile 1999) *infernale nel senso di nascosto nella profondità e visceralità del mio subconscio
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PRIMA MORTE
SPIRITUALE Muoio, ridente e felice dell'annientamento di ciò che fui. Varco ormai la soglia di un mondo apocalittico fantasticamente incantato. La mia "isola che non c'è" sta entrando nel reale, irruentemente lei: il mio mondo. Evoluzione totale della realtà comunemente accettata per l'inquietante e completa inclusione di ciò che è mio. Voi, due anime solinghe che già sapete cosa accadrà entrerete con me nella psichedelica dimensione nella quale siete astri risplendenti nell'essere il niente e il disprezzo. Muoio, sapendovi angeli demoniaco-intelleggibili, presenti al mio ingresso nel risplendente inferno paradisiaco dello spirito dionisiaco. (Maggio 1999). IL MITO DI ORFEO ED I MISTERI ORFICI.
(articolo pubblicato su Le Chat Noir) Molti artisti, musicisti, poeti e uomini di lettere hanno parlato di Orfeo e trattato il suo mito. Nella nostra memoria egli è il cantore per eccellenza, colui che col suo canto melodioso arrivò a commuovere Persefone e Ade, Dei dell'oltretomba. Ma questo mito così commovente e se vogliamo così tragico, così sublime eppure così umano e triste, che parla dell'uomo che anche dopo la morte continuò a ripetere cantando il dolce nome della sua amata Euridice, ci narra solo una storia d'amore mesta e triste? Questo mito ci dice solo ciò? Ma Platone stesso non usa il mito per trasmettere i suoi insegnamenti? Il grande filosofo ci parla di come il mito riveli all'uomo, più della filosofia stessa, le verità ultime, i cosiddetti misteri nel mondo antico. Mi sento sospinta su questa strada: leggere il mito, capire il suo significato, il mito è simbolo ed il simbolo evoca, dal profondo delle nostre anime, verità che già conosciamo ma che, come il sommo Platone ci dice, abbiamo dimenticato. Cosa quindi il mito di Orfeo evoca in me? Umilmente ho provato a dare una risposta, in base agli studi classici fatti e soprattutto in base al mio sentire, alla mia anima. Spero che il percorso che insieme seguiremo non vi risulti spiacevole, quindi "partiamo". Figlio della Musa Calliope e del sovrano tracio Eagro, o, secondo altre versioni del mito, figlio dello stesso Apollo e di una sua sacerdotessa, Orfeo, oltre a comparire ne "Le Argonautiche" di Apollonio Rodio come il cantore di miti cosmologici e come colui che riuscì a placare col suo canto il potere incantatore delle Sirene, il mito di Orfeo narra del suo amore per Euridice, morta mentre fuggiva da Aristeo, innamorato da lei respinto, per il morso di un serpente velenoso, e della sua discesa agli Inferi per riavere la vita dell'amata. Egli scende quindi nell'Ade ed incanta col suo canto melodioso Caronte, il traghettatore delle anime, e Cerbero, il custode del Regno dei morti. Dopo aver commosso la regina degli Inferi, Orfeo ottiene da Persefone, che a sua volta ha persuaso lo sposo Ade, il permesso di riportare alla luce Euridice ad una sola condizione: egli non dovrà mai voltarsi per guardare l'amata, solo quando entrambi saranno sotto la luce del sole, solamente allora egli potrà voltarsi e rivedere il suo dolce volto. Per assicurarsi che tutto proceda come stabilito Persefone chiede ad Hermes, il dio messaggero degli dei (come non pensare quindi ora al grande Ermete Trismegisto) di accompagnare Euridice sino alla luce affinchè gli accordi non siano violati. Giunti proprio al termine dell'Ade Orfeo torna alla terra ed ai caldi raggi del sole, impaziente e felice si volta per vedere finalmente l'amata Euridice, ma, ahimè, si volta repentinamente: la sua amata ancora cammina nel Regno dei morti, così ella non potrà tornare alla vita e sarà morta due volte in quanto stava ora tornando di nuovo a vivere. Per la disperazione Orfeo vaga per tutta la terra piangendo il suo triste fato e declamando continuamente il suo triste amore per Euridice, offende con i suoi lamenti le Baccanti, che si vedono completamente ignorate, le quali lo dilaniano, la sua testa vaga sulle acque continuando ad invocare il nome dell'amata fino ad approdare all'isola di Lesbo, patria dei grandi poeti Alceo e Saffo, sacerdotessa cara ad Afrodite, dea dell'amore dove sarà custodita nel tempio di Apollo. Il suo corpo verrà seppellito dalle Muse ai piedi del monde Olimpo e la sua lira a sette corde (sette come le note musicali, sette come le virtù cardinali e quelle teologali e i sette raggi di cui parlano il Conte di San Germain ed Alice Bailey) verrà posta in cielo tra le costellazioni. L'analogia, ma non solo, mi porta ad associare Orfeo all'Orfismo, la grande e la prima religione misterica della Grecia antica (i primi culti orfici si collocano all'incirca al VI sec a.C). Innanzi tutto dobbiamo capire la religiosità dell'uomo greco: la religione si divideva in essoterica ed esoterica (i misteri), ecco quindi spiegate le varie mitologie e le forme differenti di esse. Questa religione misterica ripercorre la letteratura, la filosofia e l'arte greca come un possente e silenzioso fiume sotterraneo, e per chi sa ritrovarla e riconoscerla essa regala immensi tesori. L'Orfismo si presenta come una teologia dei misteri di Dioniso, il dio più vicino all'animo dell'uomo poichè concepito da una mortale. Vediamo insieme il mito di questo dio, uno degli ultimi fra i figli di Zeus. Dioniso è figlio di Zeus e della principessa tracia Semele, quindi con le stesse origini trace di Orfeo. Durante la sua gravidanza la giovane fu motteggiata dalle sue tre sorelle, aizzate da Era, sposa legittima di Zeus, a far sì che il suo amato le si mostrasse in tutta la sua interezza. Fu così che la sventurata Semele chiese a Zeus di manifestarsi in tutta la sua grandezza, la donna non era certo preparata alle folgori, massima manifestazione del re degli dei, e morì. Zeus allora prese Dioniso dal grembo materno e lo inserì nella sua coscia sino alla sua nascita. Una volta nato Era mandò i Titani ad ucciderlo, ma essi fecero di peggio: dopo averlo smembrato ne mangiarono parte del corpo, Atena, dea della sapienza e della giustizia, sorella di Dioniso, vide dove era finito il cuore del fratello e invocò il padre che subito accorse e sterminò i Titani folgorandoli, ricompose il rimanente del corpo del giovane dio insieme al cuore e gli ridiede la vita (come questo dio Orfeo fu smembrato, inoltre non possiamo non pensare ad Osiride fatto a pezzi dal fratello Seth e a Iside che ricompose il suo corpo trovandone tutti i pezzi sparsi per il mondo). Il giovane dio crebbe con le ninfe, le tre zie che espiarono così la loro colpa, e il suo maestro, il satiro Sileno, lontano dalla Tracia. Una volta cresciuto e conosciuta la sorte che toccò alla madre, scese nell'Ade e la riportò alla vita (altro parallelismo con Orfeo). Alcune domande mi si presentano: come mai il mito di Orfeo, così legato al mito di Dioniso, è anche legato ad Apollo. L'analogia mi porta al dionisiaco e all'apollineo in Nietzsche: il filosofo tedesco aveva forse trovato il loro intrinseco legame? E ancora essa mi conduce ad un Inno Omerico in cui Apollo e Dioniso si contendono l'oracolo di Delfi.......Continuiamo il nostro cammino. Edouard Shurè. Ecco, a questo punto mi sovviene la meravigliosa trattazione dell'Orfismo e della figura di Orfeo di Edouard Shurè ne "I grandi iniziati": ripercorriamone i punti principali insieme alle mie prime considerazioni. 1) Innanzi tutto Shurè parla della Grecia e dei Misteri: i Greci sapevano che la verità è dentro di noi, per loro l'anima era la sola e divina realtà nonchè la chiave dell'universo; concentrando nell'anima la loro volontà, sviluppandone le facoltà latenti, raggiungevano il Dio vivente, la cui luce consentiva agli uomini di comprendere tutti gli esseri viventi; il Progresso altro non era per loro che l'evoluzione nello spazio e nel tempo di quella Causa centrale e di quel Fine ultimo che è Dio. 2) Più che in altre civiltà in Grecia il pensiero esoterico è più visibile e più celato: più visibile in quanto si esplica attraverso una mitologia umana ed affascinante che scorre "come nettare o sangue nelle vene di quella civiltà e zampilla da ogni poro dei suoi Dèi come profumo o rugiada celeste". Il profondo pensiero scientifico che presiedette al concepimento di quei miti grandiosi è molto difficile da penetrare a causa della loro seduzione e degli abbellimenti aggiunti dai poeti, ma i principi della sapienza misterica sono iscritti a lettere d'oro sia nei frammenti orfici e nel pitagorismo che nella volgarizzazione fantasiosa che fece Platone. 3) Anche la Grecia aveva una geografia sacra in cui una regione diveniva puramente una regione intellettuale e ultraterrena dello spirito. La Tracia fu sempre considerata dai Greci come la terra sacra per antonomasia, paese della luce e patria delle Muse. Sui monti traci sorgevano gli antichissimi santuari di Cronos, di Urano e di Zeus da cui scesero, con le Muse, la Poesia, la Legge e le Arti Sacre (è bene ora ricordare che Strabone affermava che anticamente la poesia altro non era che un linguaggio allegorico e ciò è confermato da Dionigi d'Alicarnasso che sosteneva che i misteri della natura e le più sublimi concezioni della morale furono ricoperti da un velo, in questo senso la Poesia Greca Arcaica è chiamata Linguaggio degli Dèi). Questo terreno sacro fu dilaniato da un profondo ed instabile contrasto fra i culti solari e quelli lunari che si disputavano il predominio. Questi due culti rappresentavano due teologie e due strutture sociali diametralmente opposte: i culti uranici e solari avevano i loro santuari sugli altipiani e sulle montagne, un collegio sacerdotale composto da soli uomini e leggi severe, mentre i culti lunari regnavano nelle foreste, nelle vallate profonde, il clero era composto da sacerdotesse, aveva riti voluttuosi, uso smodato delle forze occulte e predilezione per la sfrenatezza orgiastica. Solo l'equilibrio tra i principi maschili e femminili può dare vita ad una grande civiltà in quanto la fusione perfetta dei due tipi di elementi costituisce l'essenza stessa ed il mistero della divinità. Prima dell'Orfismo in Grecia predominavano i culti lunari femminili. Di notte con alle braccia serpenti attorcigliati le Baccanti si prosternavano ai piedi di Ecate, la Triplice, ed in frenetico girotondo poi evocavano Dioniso Ipogeo (sotterraneo) dalla testa di toro (ancora l'analogia mi fa sovvenire un pensiero: l'era del Toro in cui fiorirono i misteri di Iside ed Osiride), ma guai al sacerdote di Zeus o di Apollo che osasse spiarle, egli veniva fatto a pezzi. E' bene ora ricordare che per Fabre d'Oliviet il nome Trakia (Tracia) deriva dal fenicio Rakhiwa: lo spazio etereo, il firmamento. Per gli iniziati Greci come Pindaro, Eschilo o Platone, il nome Tracia assumeva il significato simbolico di terra della dottrina pura e della poesia ieratica che da essa deriva. Sul piano filosofico esso indicava uno spazio intellettuale, l'insieme delle dottrine e delle tradizioni che facevano derivare il mondo da un Intelletto divino. Sul piano storico quel nome evocava il territorio, il ceppo da cui la dottrina e la poesia dorica era in un primo tempo spuntato per poi fiorire in Grecia, nel Santuario di Apollo. A Delfi esisteva una classe di Sacerdoti Traci, custodi della somma dottrina; anticamente il tribunale degli anfizioni era difeso dalle guardie trace, vale a dire da guerrieri iniziati; più tardi il verbo tracizzare fu applicato ai seguaci delle antiche dottrine. 4) Orfeo apparve in Tracia in questo periodo di scontro fra le due religioni. Shurè ce lo presenta come un giovane di stirpe reale ed affascinante, la cui voce melodiosa aveva uno strano richiamo in quanto parlava degli dei con una nuova cadenza, come se fosse ispirato. Dai lunghi capelli dorati e fluenti, la musica che sgorgava dall'animo suo produceva in lui un sorriso soave e triste allo stesso tempo; i suoi occhi, di un intenso azzurro, avevano una luce di comando, di dolcezza e di magia: i Traci ne sfuggivano lo sguardo, ma le donne affermavano con convinzione che nel ceruleo dei suoi occhi i raggi del sole si mescolavano alle carezze della luna. Le stesse Baccanti, incuriosite da questa sua bellezza, gli giravano intorno "come pantere in amore". Questo giovane d'un tratto scomparve, si diceva che fosse morto, disceso negli Inferi, ma in realtà si era recato a Samotracia per poi passare in Egitto dove aveva chiesto asilo ai sacerdoti di Menfi di cui apprese i misteri e tornò dopo anni col nome iniziatico di Orfeo o Arpha (Aur, luce e rophae, guarigione, quindi colui che guarisce con la luce): colui che guarisce con la luce. Fu accolto sul monte Kaukaion presso l'antico santuario di Zeus come un Sacerdote, con il suo entusiasmo e la sua sapienza egli conquistò i Traci, trasformò il culto di Dioniso ed ammansì le Baccanti, consacrò Zeus in Tracia ed Apollo a Delfi e lui, che istituì i Misteri,fuse, al culmine dell'iniziazione, il culto di Zeus con quello di Dioniso in un unico concetto universale. Dal suo insegnamento gli iniziati ricevevano la pura luce della somma verità e quella stessa luce, attenuata sotto il velo della poesia e delle cerimonie egli diffondeva su tutti lui, il Sommo sacerdote di Zeus Olimpio e manifestatore della divinità di Dioniso per gli iniziati. Percorso misterico. Ora il discorso procede secondo le parole di Eraclito:"Il dio che ha il suo oracolo a Delfi non dice nè nasconde: da un segno (ovvero accenna)" (Fr. 93 Diels-Kranz). A tutti noi il compito di penetrare il mistero celato nelle seguenti parole. Orfeo, sempre seguendo Shurè, salva Euridice dai culti di Ecate e dalle Baccanti, spinto da un vero amore mai provato prima nato dal "cielo sopito nel suo sguardo", la giovane sposa muore avvelenata e lui scende sempre più nei misteri viaggiando per il mondo conosciuto per capire dove fosse andata l'anima della sposa defunta, fino a tornare in Tracia come Sacerdote (lo divenne per amore della sua Euridice) a presentarsi alle Baccanti durante i loro riti sacri sapendo di morire massacrato affinchè la sua missione si convalidasse con la sua morte: discendere di nuovo agli Inferi per ascendere al cielo di modo che Apollo fosse la luce sulla Grecia e Dioniso (il Dioniso celeste che secondo la teogonia orfica era figlio di Zeus e Persefone) il sole degli iniziati. Ancora dopo che morì Euridice risuonava dalle sue labbra. Ecco allora l'intuizione di quanto grande, oltre al pensiero sulla tragedia Greca, sia stata l'opera di Nietzsche La nascita della Tragedia con i suoi "Apollineo" e "Dionisiaco", ecco l'arcano significato dell'Inno omerico che descrive la lotta tra Dioniso ed Apollo per il santuario di Delfi, ecco l'iniziatico senso della tragedia greca stessa, il cui nome significa canto del tragos, capro, animale sacro a Dioniso, ecco ancora dipanarsi le nubi sui versi di Eraclito, dagli antichi definito l'oscuro. Altre considerazioni affiorano dalla mia anima e si esplicano nella mia mente: Euridice, il cui nome significa "grande, vasta giustizia", fu colei che fece scorgere in Orfeo (colui che guarisce con la luce) il frammento di cielo, la luce divina, sopito in ognuno di noi ed accese in lui il ricordo divino di Eros. Mi soffermo su questa divinità: secondo Esiodo (Teogonia) nacquero da Caos (il tutto mescolato) Terra, Tartaro ed Eros "il più bello degli immortali, che scioglie le membra e doma la mente ed il saggio volere di tutti gli dei e di tutti gli uomini" (Teogonia vv.120-122) e fu grazie a lui che i successivi dèi nacquero anche per unione di due divinità. Questo dio potente ed immanente, superiore allo stesso Zeus, spinse Orfeo a scendere negli Inferi per sapere che fine aveva fatto l'anima dell'amata Euridice, sempre questo dio fece sì che Orfeo diventasse istitutore dei misteri e portatore di luce, ancora sempre questo Dio spinse il nostro Orfeo alla realizzazione del proprio sparagmos (smembramento), il cui parallelo ci riporta a Dioniso, nell'univoco canto ad Euridice. In sintesi questo Dio è la motivazione iniziatica dello stesso Orfeo. Passiamo ora al mito dei suoi resti: il suo corpo sepolto ai piedi del monte Olimpo è un'omaggio alle divinità, la sua testa conservata nel tempio di Apollo a Lesbo sancisce e consacra la poesia Greca Arcaica che in Saffo ed Alceo aveva due fra i suoi massimi rappresentanti, e la sua lira posta tra le costellazioni in cielo sancisce la matrice divina del suo canto iniziatico: mentre i poeti lirici cantavano Apollo, i grandi iniziati invocavano l'anima di Orfeo, portatore di luce e divinatore. Spero che dopo questo percorso l'analogia e lo spirito ci portino a leggere i seguenti frammenti orfici e di filosofie orfiche con sguardo animico sveglio e non dormiente. "E io non mi meraviglierei se Euripide affermasse il vero là dove dice: Chi può sapere se il vivere non sia morire e se il morire non sia vivere?" (Platone, Gorgiia, 492e-493a). "Difatti alcuni dicono che il corpo è la tomba dell'anima, quasi che essa vi sia presentemente sepolta: e poiché d'altro canto con esso l'anima esprime (semaìnei) tutto ciò che esprime, anche per questo è stato giustamente chiamato "segno" (séma). Tuttavia mi sembra che siano stati soprattutto i seguaci di Orfeo ad aver stabilito questo nome, quasi che l'anima espii le colpe che appunto deve espiare, e abbia intorno a sè, per essere custodita (sòzetai), questo recinto, sembianza di una prigione. Tale carcere dunque, come dice il suo nome, è "custodia" (soma) dell'anima, sinchè essa non abbia finito di pagare i suoi debiti, e non c'è nulla da cambiare, neppure una sola lettera" (Platone, Cratilo, 400c). "Vengo dai puri pura, o regina degli inferi, Eucle ed Eubuleo e voi altri dèi immortali, poichè io mi vanto di appartenere alla vostra stirpe felice; ma la Moira mi soverchiò, e altri dèi immortali (...) e la folgore scagliata dalle stelle. Volai via dal cerchio che dà affanno e pesante dolore, e salii a raggiungere l'anelata corona con i piedi veloci, poi m'immersi nel grembo della Signora, regina di sotto terra, e discesi dall'anelata corona con i piedi veloci. "Felice e beatissimo, sarai dio anzichè mortale". Agnello caddi nel latte" (Laminetta orfica di Turi 1) "Ma non appena l'anima abbandona la luce del sole, a destra (...) racchiudendo, lei che conosce tutto assieme. Rallegrati, tu che hai patito la passione: questo prima non l'avevi ancora patito. Da uomo sei nato dio: agnello cadesti nel latte. Rallegrati, rallegrati, prendendo la strada a destra verso le praterie sacri e i boschi sacri di Persefone" (Laminetta orfica di Turi 4). "Immortali mortali, mortali immortali: vivendo la morte di quelli, morendo la vita di quelli" (Eraclito Fr.62 Diels-Kranz). "I confini dell'anima non li potrai mai trovare, per quanto tu percorra le sue vie così profondo è il suo logos" (Eraclito Fr.45 Diels-Kranz). "Difficile è la lotta contro il desiderio, poichè ciò che esso vuole lo compra a prezzo dell'anima". (Eraclito Fr.83 Diels-Kranz) "Per le anime è morte diventare acqua, per l'acqua è morte diventare terra; ma dalla terra nasce l'acqua e dall'acqua l'anima" (Eraclito Fr. 36 Diels-Kranz). "Io invoco il grande, il puro, l'amabile, il dolce Eros, impetuoso nell'assalto, che scherza con gli dei e gli uomini mortali, industrioso dalla doppia natura, che di tutto possiede le chiavi, dell'etere celeste, del mare, della terra e di quante immortali aure feconde Rea fruttifera nutre e di quanto l'ampio Tartaro e il risonante mare egli serra, che tu solo queste cose governi. Discendi o beato, agli iniziati con puri pensieri e i turpi e i rei desideri da loro allontana" (Inno orfico ad Eros). Come dice un grande Maestro: "Ponderiamo su questo", cioè su queste parole. Dioniso non è mai nominato ma sottende ciascuna parola, sentiamo dunque il Dioniso orfico che pulsa nelle nostre anime, incamminiamoci e torniamo là da dove siamo venuti grazie all'anelito che Eros in noi fa scaturire per Dioniso. Dioniso: il più grande dei misteri. Ricordiamoci il significato orfico dell'Ade: luogo di purificazione ed applichiamo il sacro principio ermetico dell'analogia per conseguire superiori consapevolezze seguendo il Dio che in noi accenna: il mistero va penetrato. Vi saluto con il comandamento principale per l'uomo che aspira alle alte iniziazioni: "Il dio ci comanda di obbedire a colui che ci ammonisce: uomo conosci te stesso". Amor ch'a nullo amato
amar pardona. Piccolo verso ricco e povero, terribile e sublime, noi piccoli uomini ancora pensiamo di amare: folle presunzione umana! Vuota vanità di questi tempi. Il Sommo Poeta ben scrisse quei versi: "Amore, che non perdona che un amante (Amans, colui che ama) non sia riamato! L'Amore non è da noi governato, semmai è da noi confuso con una passione, un'effimera avventura, una delicata carezza al cuore, ma noi non conosciamo l'amore. Avesse almeno l'umano genere la socratica consapevolezza di ammettere di non sapere! L'Amore è il Dio più temuto ed anelato. Quanto patì Psiche per aver osato voler vedere il Dio, suo amato ed amante! Apuleio saggiamente tentò di ammonirci, lui così addentrato nei misteri egizi, sacerdote dell'arcana saggezza! L'Amore va vissuto e basta, e quando il Dio ci abbandona, ecco l'antico dolore, la nostalgia e la malinconia eterne....finché il Dio non ritornerà. Allora prepariamoci a diventare ricettacoli del Dio supremo, incomprensibile ed incompreso. Fiumi di parole si scrivono sugli effetti dell'Amore, ma sull'Amore è impossibile scriversi! L'ineffabile non può essere compreso e quindi scritto. Divinamente Platone disse che non si può scrivere di tutte le cose, persino il Sommo Poeta, nel suo meraviglioso Canto V dell'Inferno, descrisse solo gli effetti e la legge dell'Amore. Amore si impossessa di noi e ci vive nell'arcano senso di un fuoco che avvampa e non brucia, un'estasi che ci invade e ci fa essere un tutt'uno con l'amato, in una divina e magica alchimia in cui l'amante vive l'amato con tutti i suoi sensi, la sua anima ed il suo spirito. Ma guai a voler conoscere l'Amore: il Dio è geloso dei suoi segreti! E noi uomini, pur tendendo alla perfezione, siamo per natura imperfetti e perciò non possiamo permetterci di varcare le soglie dell'inconoscibile. "Ars Dido Furens", ma furente era Didone od Eros che in lei e con lei si sentiva tradito? Enea doveva obbedire ad altri dei, ma Eros è immanente rispetto a loro, Eros è temibile e terribile. Stupidamente molte donne sono state calunniate nella letteratura e nella storia per aver amato, o meglio per aver permesso al Dio di viverle, supremo segreto del dionisiaco greco, dell'irrazionalità e dell'irrazionalizzante che avvince ed annienta la nostra umanità e la eleva alla somma divinità. La verità è che l'uomo ha paura di Eros, l'uomo nel senso di maschio, perché il femminino è nato da Eros, ma vive nel Dio solo quando raggiunge la sublimazione (perciò le donne non si ritengano immuni!), perché in realtà sventurato è colui che respinto il Dio o che ha osato ridurlo a mera dialettica, da Lui sarà sempre maledetto e subirà i capricci della voluttà restando intrappolato nell'etica sterile e morale di chi vive senza l'etica divina di Eros. INIZIAZIONE
INTERIORE Prostrata davanti alla nudità agghiacciante del mio proprio spirito, col sentimento mistico-religioso dell’iniziazione, regalmente volgo gli occhi al cielo che si schiude avanti a me fra le bianche nubi. Più ferocemente grido:”Io sono”, più il mondo mi attacca. Ciò di certo non mi fermerà. Sì , io vivrò piangendo, amando, lottando, soffrendo, rimpiangendo ed anelando a colui che, solo, mi tiene la mano e che non potrò vedere ancora… Ma che io, in un’infantile visione, ritrovo appresso a me ad ogni caduta. La prima tappa del cammino, nell’essere e nell’amare se stessi, è una profonda solitudine… Essa non mi spaventa, ma l’anelo come sfida estrema: io, regina della mia vita, mi innalzo con la nudità del mio spirito annunciando: “Ecco, io vivo col mio poco”. Avendolo ammesso, ecco che il poco diventa un immenso tutto. Bandisco l’egoismo dal mio regno per amare incommensurabilmente tutto e tutti, per primi i miei nemici: se non fosse stato per il dolore da loro inflittomi, non avrei denudato l’anima mia innanzi a me e a Dio. Vedo solo il sole della luce dell’amore come il peplo dorato d’Afrodite Urania. Così io, poco tempo fa ancora burattino degli inetti, sorrido ai miei manovratori ora compassionevole ed impotente di fronte alla loro misera esistenza, e oggi, incoronata dalla vita della luce piena d’amore, regina della mia esistenza e della mia vita, spietatamente li calpesto secondo l’universale legge dell’Amore. (Maggio 1999). Continuità
Sono e non sono ciò che sono, vivo e non vivo la vita di ogni giorno. Anelando all'Iperuranio interiore e segreto del mio divino sè, permango all'interno il più possibile, e solo ora com-prendo il profondo senso della consapevolezza. Arduo il cammino, intriso di prove e di infinita solitudine, pochi seguono la chiamata del proprio Io che , imprigionato dalla personalità mondana, chiede di tornare coscientemente alla sua divina accettazione. Sono e non sono, vivo e non vivo, ma finalmente sto cominciando a conoscere il mio sè divino. Continuo, forte e fiduciosa dell'eterno ritorno di ciò che fu, e nell'attesa vivo il mio sè. (24 luglio 2007) FORZA
COMPULSIVA-IMPULSIVA Ecco il mio male affascinante e fascinoso! Forza che sottostà ad ogni emozione! Rabbia, amarezza, amore, gioia, dolore, vita, morte, Luce! A tutto sottostà la mia forza regale! Alchimia dell’anima trasmutare le emozioni! Alchimia, sacra Madre di ogni spirito libero. Rabbiosamente forte è il mio dirigere il mio sguardo fiero al cielo, uno sguardo ricolmo di rabbia forte e repressa che, grazie all’alchimia amorosa che mi ha donato il Creatore, si trasmuta in creatività creatrice di vita armoniosamente forte! Dal demoniaco all’angelico sublimando la carnalità sensualmente animale: un angelo demoniacamente spirituale nel fuoco lilla dello spirito di eterna vita e amore. Demone per i demoni inferiori, angelo per le schiere di celesti osservatori della mia evoluzione. Divina alchimia animica ricca di forza atavica e connaturate nei secoli che solo la fiamma della candela esplica: nero che brucia all’interno provocando sempre più luce imperitura. Bruciando demoniacamente* non mi consumo, ma ora sento la pura luce che emano e sorge l’antica forza di bruciare ancora di più per espandere più luce. * tutto quello che qui richiamano le parole demone, demoniacamente etc riguarda la radice di daimònion, termine greco antico che indica un essere a metà tra divino ed umano e non c'entra nulla con la cultura cattolica. (7 Gennaio 2007) TU
Parte dagli occhi: fuoco, sfida, desiderio impellente di averti completamente: pelle, corpo, anima, spirito. Totale fusione di due esseri e delle loro dimensioni: tu interamente mio ed io totalmente tua, non in un bramoso possesso ottuso e limitante, bensì nell’illimitata libertà dell’espressione dei nostri due esseri, che dialetticamente unendosi si espandono ad una superiore coscienza cosmica. Brama che dal basso istinto porta al sublime e paradisiaco, fuoco che brucia ed alimenta la scintilla divina che abita in noi e che, unendosi all’altra, saetta come una cometa verso il fuoco centrale dell’universo: fugace attimo di divina follia prettamente umana ma non per questo meno suprema, sacrale e spirituale. E dopo aver assaporato e vissuto l’eternità e l’eterno essere, ritrovarsi su questa nostra Terra teneramente avvinghiati nei nostri corpi, ricoprendoci di carezze, sguardi in cui perderci e ritrovarci l’uno negli occhi dell’altra. Ecco sei tu: ed io in attesa di te brucio nel tuo atavico ricordo. (6 Luglio 2007) CUSTODE
Da innumerevoli secoli dentro me è celato un che cosa che tento di conoscere: un male profondo che sboccia in un loto lilla, un male che mi intriga come sfida e che devo affrontare e superare per sbocciare nel loto lilla splendente di divinità sacra: regalmente, superbamente Ashkanty’, fiamma perenne di passione divampante, di amore sensualmente spirituale attraverso la trascendente carnalità dell’anima sua. Tornare a quell’atlantidea, statuaria passione. Tornare ad essere ciò per cui io sola, la mia sola anima è stata creata… Danza, lilla, sensualità, passione, occhio dell’anima, l’inferiore dell’inferiore che si eleva la sovraumanamente superiore spirituale. Da quel chakra così forte e basso zampillare al loto lilla superiore. Incantesimo del serpente, potente segreto di Kundalini… Questi gli Arcani indizi e simbolicamente Papessa* che, attraverso il Diavolo*, assurge al Mondo* insieme all’oscuro Imperatore. Mente, corpo, anima, spirito uniti in un’unica apollinea danza sacra e dionisiaca nel trionfo del concilium oppositionis. *Arcani Maggiori dei Tarocchi qui intesi nel loro significato ermetico e simbolico ( 7 Gennaio 2007) [Prima poesia del Ciclo del Fuoco Sacro e Kedalis e Ashkanty'] DANZA DI LUCE
Danza dionisiaca alchemico-divina In cui la mente si perde trovando La matematica lucidità dello spirito! Libertà interiore suprema ed ispirata nella platonica dialettica dell’anima mia anelante al tutto. Un tutto al quale sento sempre più di appartenere come cellula divina ed unica e, per la mia unicità, indispensabile. Potessero tutti gli uomini provare l’anelante aspirazione dicotomica che caratterizza ogni anima. Incanalare la luce divina in due direzioni: interno- spirituale, esterno-metafisico, quale meraviglioso destino di movimento animico ha l’umanità. Luce, sempre più luce per illuminare i dormienti fratelli inconsapevoli! E’ questa la mia unica preghiera. (7 gennaio 2007) [Da leggere dopo Custode] |
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AutriceGiovanna Migliorini Archivi
Gennaio 2017
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